📌📌📌 RECENSIONE 📌📌📌
“Liberi dentro. Cambiare è possibile, anche in carcere” di Ezio Savasta
in COLLABORAZIONE con casa editrice Infinito Edizioni
Editore | Infinito Edizioni |
Data di pubblicazione | 14 febbraio 2019 |
Lunghezza del libro: 180 pagine
L’art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana afferma che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Affrontare un argomento del genere non è facile. Che si trovino nel centro storico di grandi città o sperdute nelle campagne di provincia, le carceri risultano essere, nell’immaginario collettivo, luoghi invisibili dove confinare il male della società, il marcio, l’irrecuperabile.
Quante volte guardando un notiziario in cui si vede qualcuno che viene arrestato abbiamo ascoltato, se non ahimè pensato direttamente, la frase “dovrebbero buttare via la chiave e lasciarlo marcire in galera!” oppure “vediamo adesso se sconterà tutta la pena o farà un po’ di bella vita in carcere per poi approfittare di qualche beneficio”? Ma poi, già dopo poco tempo, ci dimentichiamo di quella scena e la nostra vita scorre, come sempre. E l’immagine del carcere torna nello scantinato dell’immaginazione, dove ammucchiamo quelle cose che non possiamo buttare ma che alla fine non vogliamo trovarci davanti tutti i giorni.
Questo libro fa riflettere e fa prendere coscienza del mondo invisibile della vita dietro le sbarre, dell’esistenza di una vita, o meglio, di insiemi di vite che, ognuna secondo il suo ruolo, riempiono le giornate che scorrono all’interno degli istituti. Questo libro dovrebbe far riflettere su quanto distante è la società reale da quello che è il dettato costituzionale che attribuisce alla pena, e alle sue diverse modalità di espiazione, la funzione rieducativa e riabilitativa di chi ha commesso un reato, cercando di favorirne il reinserimento nella società.
Ezio Savasta, volontario della Comunità di Sant’Egidio, dopo aver avuto a che fare con numerosi soggetti che avevano vissuto l’esperienza carceraria, ha deciso di varcare la soglia o meglio, per i romani “veri”, i “tre scalini” per conoscere cosa c’è dietro a quel muro e scoprire le storie di chi lo vive.
Obiettivo di Savasta è fornire uno spaccato della vita carceraria, delle dinamiche e delle sue regole, scritte e non; la sua intenzione non è quella di giudicare il comportamento che ha portato le persone in carcere, afferma infatti di non chiederlo e di parlarne solo se è il detenuto a raccontarglielo, bensì di dare un segno di vicinanza a coloro che, molto spesso, entravano in carcere senza che ci fosse nessuno fuori ad attenderne la liberazione.
L’autore ha scelto di raccontare le storie che lo hanno segnato nel corso degli anni, vicende di persone che, a volte, si sono trovate nella necessità di infrangere la legge per sopravvivere a condizioni di assoluta povertà; persone che hanno scontato con dignità la loro pena e pentendosi di ciò che avevano commesso, ma soprattutto riuscendo, una volta liberi a ricominciare una nuova vita.
Raccontare la storia di chi ce l’ha fatta non deve far pensare che il male compiuto viene cancellato ma serve per dare speranza a chi fa ammenda dei propri errori e intende guardare avanti.
Nel corso della narrazione viene fornita un’ampia panoramica della vita carceraria, dura non solo per i detenuti ma anche per chi nella struttura ci lavora; viene dato risalto alle numerose contraddizioni e alle difficolta che derivano dal sovraffollamento, dalla vetustà delle strutture, dalla poca manutenzione e dalla scarsa assistenza del sistema a chi non ha la possibilità di ricevere visite dall’esterno perché solo, magari straniero oppure abbandonato dalla famiglia.
Savasta racconta delle difficoltà che chi è invisibile trova quando deve scontare un periodo in carcere, dal disinteresse degli avvocati d’ufficio all’inadeguatezza del vestiario e del cibo fornito.
I diritti e la dignità del condannato invisibile sembrano perdere valore, la sua vita diventa un numero. Tuttavia Savasta riporta momenti di festa e di luce, spiragli di speranza che lui e gli altri volontari della Comunità portano tra le mura del carcere, ogni volta che qualcuno ce la fa, per loro è una grande vittoria, dandogli la forza di continuare questo cammino.
La narrazione è scorrevole, ogni vicenda è una storia a sé e la lettura permette al lettore di entrare in carcere e di viverlo come un luogo dove c’è una vita, diversa da quella immaginata, ma pur sempre vita, fatta di sentimenti, dolore, carità e rimpianto.
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